Back To The Beginning, l'ultimo concerto di Ozzy
- Luigi Salerni

- 13 lug
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 14 ago
Birmingham, Villa Park Stadium, 5 luglio 2025: 40.000 persone si sono radunate per ascoltare per l’ultima volta l’urlo del Principe delle Tenebre, sua maestà Ozzy Osbourne, che con un ultimo show dal vivo ha salutato il suo fedelissimo pubblico che lo segue fedelmente da oltre cinquant’anni. Un addio che si è celebrato nella città che ha dato i natali ai Black Sabbath, tanto che l’evento, sotto la direzione artistica di Tom Morello e l’occhio sempre vigile della moglie di Ozzy, Sharon Osbourne, è stato battezzato Back To The Beginning, a voler sottolineare che lì dove tutto è iniziato il cerchio si doveva chiudere! Quello che si è svolto sabato scorso, però, non è stato un semplice concerto, per quanto ricco di significato, ma un vero e proprio evento: mi sbilancio dicendo che era dal 20 aprile 1992, quando si tenne il mega evento che celebrò la vita e la carriera del compianto Freddie Mercury che non si vedeva uno spettacolo di questo tipo. Tre generazioni di metal band di ogni tipo per onorare il padrino del metal, colui che coi Sabs (nomignolo dei Black Sabbath) diede inizio a tutto il movimento metal per come lo conosciamo oggi. Sul palco si sono alternati, fin dal mattino, una serie di artisti che hanno subìto il fascino e l’influenza indiscussa di Ozzy e dei Black Sabbath: dai Mastodon ai Lamb Of God, dai Gojira agli Alice In Chains, passando per Halestorm e una serie di super-ospiti di tutto rispetto come Billy Corgan, Duff McKagan, Slash e Axl Rose dei Guns N’ Roses, Fred Durst, Jonathan Davis, Steven Tyler e Ron Wood, KK Downing (ex Judas Priest) e Wolfgang Van Halen fino ad arrivare a quelli che si possono considerare dei veri e propri “figli artistici” dei Black Sabbath, ossia Slayer, Metallica, Anthrax e Pantera (o quel che resta di loro…la parte migliore della band, purtroppo, riposa sotto terra). Ognuno di questi artisti o di queste band era a Birmingham non tanto per dare il contributo all’evento (che ha avuto anche un aspetto filantropico, avendo raccolto 190 milioni di dollari, destinati, secondo quanto riportato dalla BBC, a tre diverse associazioni benefiche) ma per ringraziare quel che ha significato Ozzy Osbourne per le loro carriere e le loro vite! Del resto, la stessa vita del Madman (nomignolo del vocalist, dal suo album solista Diary Of A Madman) è stata più che un romanzo, un paradosso: essere arrivato a 76 anni, dopo tutti gli eccessi e le follie che lo hanno contraddistinto negli ultimi 56 anni, non è per molti, Ozzy andrebbe studiato (e non è detto che non c’è chi lo abbia fatto!) per capire come ha fatto ad arrivare fin qui; la cosa, è innegabile, ha sorpreso anche lui che però ha onestamente dichiarato che se potesse tornare indietro col senno del poi, rifarebbe tutto allo stesso modo perché se lui fosse stato sobrio, senza le sue follie, non sarebbe diventato Ozzy. Certo, la fortuna non gli ha voltato le spalle perché molti come lui, con meno eccessi e follie, non sono più tra noi ma, in parte, anche questo è il fascino di Ozzy: laddove molti si sarebbero persi per strada, lui è andato avanti ed è arrivato fin qui. Certo, la salute gli ha chiesto il conto, visto che dal 2020 sta combattendo con il morbo di Parkinson che lo ha pressoché immobilizzato dalla vita in giù ma essere un “supervissuto” (come direbbe Vasco) ed un sopravvissuto lo rende la leggenda che è sempre stato non solo per i quarantamila del Villa Park. Che hanno goduto appieno dei tributi resi dai grandi nomi su menzionati (ognuno dei quali ha omaggiato Ozzy con una cover dei Black Sabbath o con un brano del suo vasto repertorio solista) ma che, è indubbio, erano lì solo per lui. E così, quando è calata la notte, il Principe delle Tenebre è salito in cattedra, letteralmente; un enorme buco si è aperto al centro del palco e da lì è sbucato un gigante trono nero sormontato da un pipistrello, sul quale, avvolto in un lungo cappotto di pelle, era seduto il Madman, sorriso enorme stampato sul viso e segno della vittoria con le dita. Un sorriso che non lo abbandona mentre canta (è sempre stata la sua caratteristica) alcuni dei suoi pezzi immortali quali “I Don’t Know”, “Mr. Crowley” e “Suicide Solution”, fino a quando con la voce rotta dall’emozione intona “Mama I’m Coming Home”. Ozzy non smette di ringraziare il suo pubblico, sottolineando che gli ultimi anni li ha passati immobilizzato e quindi esser lì è un dono. La commozione è generale, sotto il palco e sul palco: Zakk Wylde, fedele compagno della carriera solista di Ozzy, dopo la prematura scomparsa di Randy Rhoads e la breve parentesi di Jake E. Lee (comunque presente a Birmingham), lo coadiuva alla voce, girandosi di tanto in tanto verso di lui per assicurarsi che stia bene. Durante “Crazy Train” vengono proiettate le immagini del compianto chitarrista Randy Rhoads, cui lo show è stato anche dedicato. Dopo i brani della sua carriera solista, Ozzy è raggiunto sul palco da Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward, i “suoi” Black Sabbath con cui il Madman ha scritto la storia. “War Pigs” apre le danze ed è subito festa; dopo il secondo brano “N.I.B.” il drummer si toglie subito la maglia, come faceva 50 anni fa, mettendo in mostra un corpo invecchiato ma del quale non si cura affatto, segno che il tempo è passato solo sui corpi dei musicisti mentre nella testa dei Sabbath e dei loro fans saranno sempre gli anni ’70. Lo show scorre veloce e, dopo la sempre immortale “Iron Man”, Ozzy annuncia il loro ultimo brano…di sempre, non prima di dicharare: “Devo dirvi qualcosa da parte dei Black Sabbath e da parte mia: il vostro supporto negli anni ci ha permesso di vivere la vita che abbiamo vissuto, grazie dal profondo del mio cuore. Vi amo, tutti noi vi amiamo.” Dopodiché, per l’ultima volta dal vivo, la band attacca “Paranoid”, col pubblico in delirio, oggi come allora. Seguono i fuochi d’artificio e il nome di Ozzy invocato ancora e ancora, quasi a non voler accettare che tutto sia finito, mentre lui, sempre sorridente, non smette di manifestare il suo amore per la sua gente.
Difficile spiegare a parole Ozzy e i Black Sabbath per ogni fan del metal che abbia qualche capello bianco sulla testa: la loro musica, il loro stile, anche sopra le righe, ha incarnato appieno lo spirito dell’heavy metal e, se non fosse per la malattia che non gli permette di stare eretto, Ozzy sarebbe ancora oggi lo stesso che portava per Birmingham una scarpa al guinzaglio, che, come raccontato dai Motley Crue nella loro biografia “The Dirt”, sniffava formiche in assenza di cocaina e che staccava la testa a morsi ad un pipistrello lanciatogli sul palco, credendolo finto. Un folle prestato alla musica che con la sua voce poco tecnica, persino sgraziata, è stato un grado di prendere per mano più di una generazione, creando un genere ed uno stile di vita e portandolo in giro per decenni. E se anche non lo vedremo mai più calcare le assi di un palco, certamente continueremo ad ascoltare la sua voce, accompagnata da riff spettacolari, fill di batteria e linee di basso possenti che hanno un comune denominatore e un nome solo: HEAVY METAL.
Grazie Black Sabbath, grazie Ozzy.





Super